djembe di fattura guineiana
Delle origini storiche del djembè si sa soltanto che appartiene alla cultura dell'impero Malinké. Ovviamente nel contesto della tradizione orale esistono molte leggende su questo tamburo, ma la tesi più diffusa e condivisa da molti Djembefolà è che siano stati gli appartenenti alla casta dei fabbri a fabbricarlo e suonarlo per primi. In ogni caso tutti concordano sull'attribuire la nascita di tale strumento all' Antico Impero Mandingo, che nel momento di sua massima espansione, avvenuta sotto il regno di Manssa Moussa tra il 1342 e il 1360, si estendeva dalla costa atlantica, fino a Gao, sul fiume Niger.
Tecnicamente appartiene alla famiglia dei membranofoni a percussione.
E' un tamburo a forma di calice ricavato da un tronco d'albero scavato ed intagliato su cui viene montata una pelle solitamente di capra, tesa mediante delle corde originariamente con corde di fibra vegetale. Tramite la tensione delle corde il djembe raggiunge l'accordatura ideale (più i tiranti sono tesi, più il suono risulta secco ed acuto). Ovviamente la pelle regge la tensione fino ad un certo punto....essa non viene appoggiata direttamente sulla coppa del djembe, ma viene posta tra due cerchi di ferro in modo tale da fermarla.
I migliori strumenti vengono fabbricati dal cuore dell'albero.
Per la costruzione del djembe possono venir utilizzati legni diversi, a seconda delle proprietà che si vogliono donare allo strumento. Alcuni esempi sono:
Il teck (o tek). E' il legno più sfruttato nell'Africa Occidentale.. Lo si riconosce dal proprio aspetto venoso e artricolato ed il colore marrone-arancio; è tipico dei djembe originari del Senegal.
L'iroko. Valutato per la sua buona densità, si distingue con il suo colore scuro nei toni marrone-violaceo e sfoggia rotture nette ed angolose ai posti dove la lama ha colpito. E' un legno dolce, facile da scolpire, presente in particolare nella zona dell'Abidjan.
Il Linguè (o linkè)(afzélia africana). E' un legno esotico meno duro da tagliare rispetto l'iroko e per questa ragione molto apprezzato dei maniscalchi africani. Sfoggia colori d'arancia più o meno scuri, il suo veinage è molto stretto. E' un tipo di legno molto usato in Mali e in Guinea.
Dugura (cordyla pinnata). Molto meno frequente ripetto al Linké, è di colore scuro più pesante, duro e denso, lo si trova anche in Mali ed in Guinea.
Vi sono poi altri legni come: Guéni (pterocarcus erinasceus), Acajou (khaya sénégalensis), il Kolatier (raro), il Manguier, l'Acacia, Boumou (bombax costatum). Alcuni artigiani europei propongono poi versioni realizzate con legni non esotici (faggio, quercia ecc...).
Il Djembe tradizionale viene tagliato da un solo blocco di tronco d'albero. Lavorati a mano, ogni strumento è una pezzo unico, anche se si possono individuare alcune grandi categorie di forme secondo le origini. Avrà la sua storia, possiederà il suo suono, le sue decorazioni. Con i Djembe industriali non si può più parlare di un pezzo personalizzato, ma di una regolarità nella qualità (o nella nullità, quella dipende). Si incontra di tutto: legno, materie composite, assemblaggi tradizionali o meccanici (come per le congas), pelli animali o pelli di plastica, ecc....
Nel caso foste decisi a spendere il vostro denaro in un djembe industriale (ma perchè?!?) fate molta attenzione al legno lamellare poichè molto poco resistente rispetto ad un blocco unico. Riguardo le materie composite...Vantaggio: sono meno inclini alle intemperie ed alle variazioni di temperatura, non chiedono alcuna manutenzione. Inconveniente: impossibilità di modificare lo strumento successivamente praticamente nulle. Attenzione al suono, alcuni strumenti hanno suoni che si allontanano parecchio da quelli tradizionali. Alcuni tamburi utilizzano anche un montaggio meccanico per la pelle (con le chiavette....),certamente comodo vista la facilità del montaggio, ma costringe spesso successivamente a comperare le pelli proposte dal fabbricante. Le pelli in commercio per questo genere di djembe possono essere animali o di plastica.........evitate la plastica!
SCEGLIERE UN DJEMBE'
Un djembe non deve riportare alcuna fenditura né traccia di riparazione. Inizialmente, la fabbricazione di un tamburo era una vera e propria cerimonia : dopo avere scelto l'lbero da abbattere, prima di tagliarlo gli veniva chiesto perdono . Quindi, una volta abbattuto, il legno era messo al riparo per uno o due anni in modo da essere completamente secco. Si procedeva allora all'intaglio, e solo il cuore dell'albero era utilizzato. Tutta la famiglia del maniscalco partecipava al "rito", i più piccoli apprendisti sbozzavano il tronco, i più vecchi gli davano la sua chiave finale (equalizzazione degli spessori e sculture personalizzate). Il legno, già secco prima di essere lavorato, non è incline a nessuna deformazione ulteriore, durando spesso molte generazioni prima di diventari inutilizzati. Al giorno d'oggi, il commercio ha preso il sopravvento, e per le forte richieste di mercato il legno potrebbe esser tagliato la vigilia, o addirittura durante la stagione delle pioggie, spesso in legno più dolce (dunque più facile e più rapido da lavorare). E il maniscalco userà la totalità del tronco che può (per preoccupazione di redditività). Ecco perché numerosi tamburi attuali si deformano, si fendono man mano che il legno termina l'esiccazione (alcuni legni tropicali rimpinzati possono perdere così molti chili così). Ancora, bisogna fare molto attenzione ai piccoli fori che potrebbero decorare il fusto: non siete da soli, ma qualche piccolo popolo ostile vive nel djembe e ne divora la carne. Tarme e affini non soltanto scaveranno gallerie e trasformeranno il vostro strumento in una fetta di groviera, ma potrebbero anche (e là si comincia davvero a impazzire) decidere di fondare colonie in spedizione nel vostro mobile preferito stile Luigi XVI. Verificare anche il fondo della coda che, attraverso attriti permanenti dovuti al gioco in posizione seduta, sarà grattato, utilizzato, limato.
LA FORMA
Dipenderà dall'origine: Guinea, Mali, Burkina-Faso, Senegal, Costa d'Avorio:
I djembe senegalesi hanno la coppa molto pronunciata come un bicchiere di vino. Sono senegalesi i tamburi che solitamente si trovano nei mercatini sparsi per le piazze.
I djembe maliani di fattura vecchia li hanno la particolarità d'avere una coda molto breve superata da una coppa di forma panciuta. Recentemente, diversi maniscalchi maliani si sono messi a produrre tamburi simili a quelli guineiani.
I Tamburi ivoriani sono spesso l'opera di maniscalchi guineani immigrati (a Abidjan soprattutto). Si distinguono due grandi tipi: gli uni, piccoli ma potenti, hanno una cassa ed una coda piuttosto ampia. Provengono spesso da Bouaké, e Sougalo Coulibaly ha molto contribuito alla loro divulgazione in Europa, gli altri sono molto grandi e molto ampi, possiedono spesso decorazioni scolpite sul piede e provengono di solito d'Abidjan. Sono preferiti i di Mamady Keita. I guineani sono piuttosto di dimensione media, con una coda piuttosto diritta sulla quale appoggia una coppa arrotondata. Infine, alcuni hanno forme molto strane: sia che abbiano subito deformazioni durante la loro esistenza, sia che siano stati richiesti esplicitamente in un certo modo. Eccetto le questioni estetiche, si avrà comunque interesse a privilegiare la sonorità nella propria scelta, visto che la funzione prima dev'essere quella di suonare e non di troneggiare in mezzo al vostro salone.
IL SUONO
La cosa realmente importante per un buon tamburo è la sonorità che offre. Soprattutto per un acquirente inesperto, valutare un tamburo per il suono non è una cosa facile. Innanzitutto un acquirente inesperto di solito non sa suonare, poi raramente la pelle montata su un djembe ancora invenduto è tirata a sufficienza. Bisogna vedere anche se la pelle è di qualità buona o meno: troppo spessa, troppo fine, vecchia....L'unico modo è farsi consigliare da chi ne sa! Il suono dipende sia dal tipo di legno, sia dalla forma e dalle dimensioni del tamburo. Con l'esperienza ognuno potrà poi capire quali sono le caratteristiche del tamburo che più si avvicina a ìi propri gusti e alle proprie esigenze.